Passi tratti da “Filomena e le altre” di Nadia Campanelli scritto per le “Donne” di Mompiano

In questi anni della nostra vita che ci appaiono stretti in nastri di vari colori, come fasci di fiori odorosi, il tempo si è per incanto fermato ed in essi respira ancora il profumo delle stagioni trascorse. Come folate di una brezza leggera, si spalancano le primavere delle nostre gioventù e le passioni focose delle estati, che sapevano di grano scaldato dal sole e di fieno raccolto in ordinati covoni sui prati rasati, si assopiscono a fatica negli autunni sfuocati dai veli di nebbia, per poi cedere stanchi al sonno freddo di un nuovo rigido inverno. I ricordi danzano con il ritmo calzante della gioia e il passo lento della malinconia. Sono compagni fedeli che ci alleviano il peso del tempo: coriandoli di luce che s'accendono dopo ogni tramonto e non ci lasciano sole.

La storia ha voluto che noi fossimo spettatrici o sconosciute protagoniste di piccoli e grandi eventi, di quotidianità nascoste, sofferte o gioiose, che hanno cresciuto i nostri caratteri e così, senza opporre resistenza, siamo diventate donne, madri, nonne, consapevoli portatrici di sentimenti umani che si alimentavano nella speranza terrena o divina di un domani migliore.
Eravamo quelle che il mattino ci svegliava con il canto del gallo e nei ritmi alterni della natura modellavamo la scorza della nostra esistenza.
Abbiamo vissuto di una scodella di latte, di pane biscotto e di polenta abbrustolita sul fuoco, di una fetta di salame e del profumo di un brodo caldo nelle giornate di festa. La frutta la coglievamo dai rami degli alberi, ci guardavamo negli occhi e sorridevamo delle nostre miserie.
Ci bastava poco, allora, per sorridere. Il suono di una fisarmonica dava avvio alla festa. Nei balli di piazza e sull'aia eravamo felici dei nostri giovani anni che dovevano ancora sbocciare.
Belli quei tempi in cui riconoscevi il tuo vivere negli occhi e nei modi di chi ti era cresciuto accanto o nella stessa casa, nello stesso cortile, sul percorso delle strade sterrate che ti lasciavano sui piedi la polvere sana della tua terra.
La nostra chiesa, le campane della messa e dell'ultimo saluto, si accompagnavano allo scandire preciso e perpetuo delle ore. Non eravamo sole, non ci volevano sole.
Nel cuore culliamo il ricordo del nostro passato e ci riconosciamo nel quadro che il tempo ha dipinto.
Sul fondo, come in una scenografia teatrale, ritroviamo la nostra montagna, il colle dorato dal sole che la prende per mano ed entrambi hanno morbidi piedi immobili, per non calpestare la valle ad ampio ventaglio che scende in prati profumati di viti e frumento, e le strade più sotto sono fili sottili che si allargano in corsi sinuosi, come nastri di seta, con, accanto, le case isolate e poi sempre più strette, come a sostenersi l'una con l'altra sul cammino che porta alla chiesa e alla piazza.
Mompiano, dall'aria fine, da cui la città, così vicina, aveva voluto tenersi in disparte perché quello doveva essere un luogo speciale.
Ricordiamo il nostro "Paese", fatto di borghi, cascine sparse sui confini dei campi, palazzi di antiche e nobili famiglie che qui si fermavano il tempo di un'estate o di una vendemmia e si portavano via col primo vento d'autunno il profumo dolce del mosto. Guardavamo i loro palazzi dalle inferiate dei cancelli chiusi, ma non era invidia la nostra, era solo l'ingenua curiosità che alimenta il mistero.
A noi bastava una strada, un prato, un cortile, l'oratorio delle Canossiane, il teatrino della domenica, una bambola di pezza, una palla, i nocciuoli levigati delle pesche, una bustina di farina di castagne, un bastoncino di liquirizia, un'arancia o un frutto acerbo rubato per gioco da un frutteto, per credere di stare bene… Il resto poi, sarà come Dio vorrà! Così trascorse la nostra infanzia e gli anni della gioventù ci regalarono la fatica del lavoro sostenuta dal sogno di un amore e di quello avremmo riempito i diari intimi del cuore; ma gli eventi marchiarono a grandi lettere le nostre piccole storie e perciò la "Storia" della nostra vita ha assunto un peso diverso, incancellabile e indistruttibile, in cui voi che non c'eravate, potrete cogliere il sapore dolce amaro del tempo, per comprendere chi eravamo e non dimenticare.

Ascoltate le nostre voci che il ricordo ha risvegliato, hanno i suoni sommessi di echi lontani, coltivati nel cuore. Spesso bussano alla porta per stare con noi e non essere esclusi.