Estratti Di Recensioni Dei Libri Di Nadia Campanelli

Da: "Mompiano vecchia dolente amarcord tutto al femminile" di Massimo Tedeschi (Bresciaoggi):

"Mezzo secolo fa(...)Mompiano era un borgo distinto dalla città, da cui lo separavano vasti prati e lunghi filari di gelsi. I bresciani ci andavano per fare scampagnate e ristorarsi nei licinsì in cui le famiglie di mezzadri vendevano vino nostrano, uova sode e qualche fetta di salame(...)Quel tempo unico e irripetibile, che ormai trascolora lentamente nella memoria degli anziani, è raccontato in un libro voluto dalla Cooperativa lavoratori di Mompiano(...)Autrice è Nadia Campanelli, insegnante e scrittrice mompianese, che ha raccolto testimonianze, ricordi, speranze e lacrime delle anziane del quartiere, ricavandone un racconto lirico e dolente, spensierato e tragico, intonato da un coro rigorosamente al femminile. Le vecchie foto provenienti dall'archivio di Diego Vistali e alcune poesie di Elena Alberti Nulli impreziosiscono il volume, restituendo il sapore della Mompiano che fu. Nella serie fortunatamente crescente della letteratura memorialistica, la nuova impresa di Nadia Campanelli si segnala per la sua leggibilità. Dai racconti emotivamente coinvolgenti delle sue testimoni l'autrice trae un racconto corale ma compatto, autentico ma stilisticamente controllato, fedele al vissuto delle testimoni-protagoniste ma al tempo stesso governato".

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Da: "E le nonne raccontano " di Gianni Pezzotti (Giornale di Brescia):

"Com'era la vita quotidiana in altri tempi, lontani ma non lontanissimi, quando il mondo contadino povero e solidale, resisteva anche nei borghi attorno alla città, si può raccontare attraverso le testimonianze. Quelle delle generazioni sorte tra le due guerre e forse anche nell'immediato dopoguerra, prima che il boom economico e lo sviluppo della motorizzazione cambiassero profondamente il modo di vivere(...)Nadia Campanelli, insegnante di lettere originaria di Mompiano, che ha già dimostrato capacità di scrittura(...)si sposta dal racconto-romanzo che peraltro attingeva a fonti locali, in buona parte familiari e autobiografiche, per affidarsi al racconto-testimonianza di un gruppo di anziane mompianesi che ripercorrono insieme alla loro vita, i fatti del loro tempo, quello del ventennio fascista, della guerra, delle speranze con la Liberazione e la ricostruzione(...)'Abbiamo vissuto di una scodella di latte, di pane biscotto e di polenta abrustolita sul fuoco, di una fetta di salame e del profumo di un brodo caldo nelle giornate di festa' scrive l'autrice nel preludio e dà così voce alle sue donne-testimoni cui 'bastava poco per sorridere. Il suono della fisarmonica dava avvio alla festa. Nei balli in piazza e sull'aia eravamo felici dei nostri giovani anni che dovevano sbocciare'(...) ".

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Da: "A quattro mani negli anni '60 e '70" di Flavio Marcolini (Bresciaoggi):

"Alice, il nuovo marchio di punta dell'editrice La Scuola, debutta nella narrativa con un'opera di grande impatto emotivo scritta a quattro mani. Si tratta del romanzo Come d'incanto allo stato brado, dei bresciani Fabio Petromer e Nadia Campanelli(...)La storia è semplice. Due cinquantenni che non si conoscono si incontrano casualmente in treno. La donna rammenta un evento che li aveva fatti incrociare per pochi istanti trent'anni prima. Da lì parte la narrazione vera e propria che(...)propone i ricordi e le avventure dei due protagonisti, ragazzi come tanti altri di quella meglio gioventù che ha attraversato i tumultuosi anni '60 e '70(...)Qui però gli stereotipi sono lontani, i personaggi vivi, vivaci e vitali che si agitano lungo le pagine del libro provano emozioni e sentimenti sempre toccati con mano(...)Tutto qui è reale, determinato storicamente e collocato spazialmente in una Brescia che ormai non c'è più. I due punti di vista, maschile e femminile, si alternano nella successione dei capitoli, tratteggiando quadri curiosamente diversi di fenomeni ed eventi che pur sono del tutto simili tra loro(...)A entrambi gli autori appartiene, come cifra interpretativa di percorsi evidentemente autobiografici, un'ironia scanzonata che rende la lettura assai piacevole, proiettando la mente verso la riflessione sul senso da dare agli interrogativi posti dal romanzo".

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Da: "La storia di Rita scorre nel centro di Brescia " di Rita Piccitto (Giornale di Brescia):

"Alla sua seconda prova letteraria la scrittrice bresciana Nadia Campanelli ci presenta la storia di un personaggio davvero straordinario: la zia Rita, protagonista del romanzo Fermami il tempo. Emergono nel dialogo-racconto con la nipote i ricordi, vivi in ogni loro aspetto, quasi disperatamente presenti nella loro dimensione passata, tenero inganno ai danni del tempo che invece corre inesorabile. Aggrapparsi al 'ricordo che viaggia su binari paralleli alla vita ma con una diversa velocità' rinvigorisce la speranza di poter allontanare la morte. Questa la medicina della zia Rita che l'autrice, garbatamente complice, le somministra(...)Nasce una diversa Emma Bovary che, davanti alla realtà deludente, non fugge; con la forza della solitudine riesce non solo ada accettarla ma perfino a modellarla su se stessa. Rita costruisce allora un personaggio per il mondo esterno; ciò che gli altri le chiedono di essere, lei diventa; non ipocrisia e falsità come verrebbe da credere, bensì dignità e coraggio(...)Un personaggio quasi pirandelliano potremo definirla(...)Difendersi e volersi bene: questo è il testamento che la zia Rita lascia alla nipote e che Nadia Campanelli ha voluto e saputo regalare anche a noi nella delicatezza delle sue pagine".

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Da: "Nadia Campanelli ci regala l'indimenticabile zia Rita" di Massimo Tedeschi (Bresciaoggi):

"La scrittura al femminile conosce di questi exploit. Regala, con autrici debuttanti, buona letteratura e personaggi indimenticabili. E' accaduto con la Mennulara di Simonetta Agnello Hornby(...), con la Chiara del Passaggio in ombra di Mariateresa Di Lascia(...)Accade per i lettori bresciani che incontrano la figura della zia Rita in Fermami il tempo(...)Qui, anche se il vissuto dell'autrice non è evidentemente rimosso o negato, la vena creativa è più piena e conquista la non facile forma del romanzo. Un approdo pieno e convincente, che ci consegna un'autrice a tutto tondo e un personaggio autentico(...)Pagine magistrali restituiscono il clima aurorale dell'infanzia prebellica di Ritì. Se, come diceva Heine, i ricordi sono l'unico paradiso da cui nessuno ci potrà mai scacciare, allora Nadia Campanelli è maestra nel ricondurci su questi sentieri, avendo come bussola esperienze tattili (le stoffe della bottega), olfattive (il loro odore...), gustative (la panna montana del bar di corso Mameli), spaziali (la grande casa di Mura) e sentimentali(...)".

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Da: "Leggere per conoscere il nostro territorio " di Rosarita Colosio (MagazineEstate):

"Nadia Campanelli, insegnante(...)appassionata lettrice e scrittrice(...)ha ordinato le sue memorie intorno alla propria infanzia e al proprio piccolo paese d'origine, Mompiano, oggi diventato uno dei quartieri per contrasto addirittura lussuosi del comune di Brescia. E' così che è nato Strade di pozzanghere(...)illustrato da Bruno Garofalo(...)La famiglia dell'autrice è il filo conduttore del lungo racconto dove ricordi e immagini l'accompagnano in un percorso verso le proprie radici per cecare le risposte al suo vivere. In questo libro scopriamo una valle ai piedi di una montagna, vicinissima alla città abitata da povera gente, dove lavoratori, contadini e boscaioli vivono una vita dura e difficile che li costringe ad emigrare per realizzare il sogno di una casa. La Valle di Mompiano è descritta come un luogo naturale incontaminato lontanissimo dal mondo moderno nonostante Brescia sia lì a due passi, il paese non è ancora periferia ed i quartieri, come quello in cui si insedierà la famiglia dell'autrice che per prima costruirà la casa, si costituiscono a poco a poco con case nate dal lungo lavoro domenicale fatto da tutti i componenti della famiglia(...)".

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Da: "Mompiano, il passato della Valle" di Massimo Tedeschi (Bresciaoggi):

"Strade di pozzanghere è un racconto personale e corale al tempo stesso, in cui l'autrice ha convocato i fantasmi del suo passato nella casa dei ricordi, quella casa che non ha muri, ma solo porte e finestre dalle quali possono entrare la luce del giorno o il buio freddo della notte. Nadia Campanelli ha fatto i conti con la propria infanzia e adolescenza, offrendoci al tempo stesso un ritratto vivido e convincente della Mompiano post-bellica, in bilico fra paese periferico e promessa di città. Scandito per brevi capitoli il libro, che si legge d'un fiato, parte dalla dimensione pionieristica della famiglia Campanelli, che va a insediarsi in una zona ancora inedificata del quartiere, e racchiude i tratti di un originalissimo lessico familiare(...)Anche Nadia Campanelli, come nel film di Bergman, ha un suo privatissimo "posto delle fragole" che ha il sapore del tempo perduto. A rievocarlo basta il profumo del fieno tagliato, del mosto in autunno, della stalla in inverno. Bastano le storie dei suoi compaesani più eccentrici(...)(Nadia Campanelli) ci restituisce un personalissimo senso del tempo(...)Su tutto domina un sentimento: la malinconia, che sgorga da chi rivisita le stanze del passato illudendosi di ridare un senso ai propri giorni di oggi. E intanto, però, arricchisce il museo d'ombre del nostro passato prossimo con una galleria di personaggi inimitabili".

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